Di Federica Lemme
Dead Or Alive è la rubrica della newsletter mensile di Seeyousound che omaggia alcuni degli avvenimenti di genere musicale che hanno caratterizzato il corrente mese: nascite, morti, tracce indelebili nella storia della musica. Ecco le ricorrenze del mese di novembre.
Nella letteratura classica l’epigramma – dal greco ἐπί-γράφω, scrivere su, scrivere sopra – è un’iscrizione funeraria o commemorativa destinata ad essere incisa su materiali quali la pietra e il bronzo. Da questa circostanza deriva il carattere della brevità, conservatosi anche quando l’epigramma diviene un vero e proprio genere letterario. L’Antologia di Spoon River è una raccolta poetica firmata da Edgar Lee Masters e pubblicata tra il 1914 e il 1915 sul Mirror di Saint Louis. Ogni poesia racconta, in forma di epitaffio, la vita dei residenti dell’immaginario paesino di Spoon River, sepolti nel cimitero locale.
L’11 novembre 1971 esce Non al denaro non all’amore né al cielo, il quinto album d’inediti registrato da Fabrizio De André. Un concept ispirato ad alcune poesie tratte dall’Antologia di Edgar Lee Masters, pubblicata per la prima volta in Italia da Einaudi nel 1943 con la traduzione di Fernanda Pivano. Il cantautore genovese racconta e restituisce dignità ai morti più bizzarri.
«Diversi tipi di alleluia esistono, e tutte le alleluia perfette e infrante hanno lo stesso valore», sono queste le parole di Leonard Cohen, morto il 7 novembre 2016 a Los Angeles, a proposito del suo pezzo che è un vero e proprio inno laico contemporaneo: Hallelujah. Un brano oscuro che però racconta di sesso, amore e vita sulla terra, resuscitato nel 1992 da un semi-sconosciuto musicista con un cognome illustre, Jeff Buckley.
Nato ad Anaheim il 17 novembre 1966, Buckley comincia a suonare una sua versione di Hallelujah piuttosto diversa dall’originale nei locali dell’East Village a New York. Tuttavia la cover resta relativamente sconosciuta al grande pubblico fino al 1997, quando il cantante muore annegato, e la sua tragica storia ricorda quella del padre Tim, o quella di un altro giovane cantautore poco fortunato, Nick Drake.
Il giovane inglese muore nelle prime ore del 25 novembre 1974 nell’abitazione che condivide con i genitori per overdose di amitriptlina, una antidepressivo. Sulla sua lapide l’epitaffio recita: Now we rise And we everywhere, versi tratti dal testo dell’ultimo brano dell’album finale, il capolavoro eterno Pink Moon.
Perché il rock’n’roll è qui per restare, per sempre, lo canta Neil Young in My my, hey hey (out of the blue), pezzo ispirato dai Devo e dall’esplosione del punk di Johnny Rotten, e scritta sull’onda emotiva della morte di Elvis Presley. Il verso: It’s Better to Burn Out Than to Fade Away è divenuto celebre perché rinvenuto sulla lettera d’addio scritta da Kurt Cobain dei Nirvana prima di suicidarsi. La canzone fa parte dell’album Rust Never Sleeps, un disco sul rock ‘n’ roll, sul bruciarsi, sulle violenze contemporanee e storiche dell’America e sul desiderio o la necessità di fuggire, qualche volta.
È un’esortazione a tornare rivolta a coloro che ancora ne hanno la possibilità e un elegiaco tributo a chi non ce l’ha più. L’album è probabilmente l’epitaffio perfetto per la maggior parte di noi, e il canadese solitario nato il 12 novembre 1945 a Toronto continua a cantarcelo, is gone but is not forgotten.