di Giuliana Prestipino
Una biblioteca digitale sulle origini nere della musica tradizionale e popolare dal XVIII secolo ai giorni nostri, scoprendo che poi non è altro che la storia delle origini di quasi tutti i generi musicali che amiamo ascoltare. È la Black History Music Library, frutto di un lavoro certosino della giornalista musicale Jenzia Burgos che, durante gli anni di studio alla New York University, si è data un gran da fare per assemblare fonti e risorse preziose, rese accessibili on line in soli tre mesi durante la pandemia.
Nata a New York e appartenente alla comunità portoricana del South Bronx, con origini dominicane da parte di padre, dopo la morte di George Floyd e le proteste esplose dal movimento Black Lives Matter in tutte le piazze del mondo la Burgos ha voluto dare un proprio contributo: con il progetto legato alla biblioteca, la Burgos cerca di abbattere gli stereotipi e riabilitare parti di storia completamente cadute nell’oblio.
Ne è un esempio Joseph Boulogne: nato nell’isola di Guadalupa, da schiavo di origini francesi e senegalesi divenne spadaccino, violinista e compositore geniale alla corte di Maria Antonietta. L’epiteto che gli fu attribuito, “il Mozart nero”, resistette per secoli e mette in luce il punto di vista dei bianchi sulla parabola artistica dell’artista.
Eppure, stando alle cronache del tempo, pare che Mozart ne invidiasse la fama, ispirandosi a lui per il maligno personaggio di Monostatos ne Il flauto magico.
Le risorse della Black History Music Library sono presentate cronologicamente e per genere: si passa dalla musica classica al rock, dai ritmi caraibici all’hip hop o al punk. Una raccolta monumentale di libri, articoli, documentari, serie tv, podcast, siti web e musicologi autorevoli in materia.
La Library è una vera e propria miniera: nel sito web ci si imbatte nella storia del giornalismo musicale che ci narra di tutti gli scrittori e le riviste che hanno plasmato la musica pop americana dall’avvento della registrazione del suono fino all’era dello streaming; si scopre la Dust-to-Digital, la casa discografica che documenta la storia della musica popolare americana, incluse tracce audio di grande valenza storica e riguardanti musica blues, gospel e country; si trova il film documentario Afro-Punk di James Spooner e poco più in là si inciampa in una retrospettiva incompiuta della storia della musica nera di Chicago.
Insomma, come ci vorrebbe far credere Jenzia Burgos, sembrerebbe che tutte le strade della musica riconducano alla diaspora africana.