di Mauro Interdonato
Icona, cantante, martire, attore, criminale, poeta, attivista, ribelle.
Tupac Amaru Shakur (conosciuto anche come 2Pac e Makaveli) era tutto questo e altro ancora. Definito dalla comunità afroamericana il “Gesù Nero”, profetizzò nelle proprie liriche gli eventi che si sarebbero succeduti nel corso degli ultimi anni di vita, sino a mettere in rima il proprio funerale nella canzone Life Goes On, presente nell’album All Eyez on Me.
Dopo sette mesi (il 13 settembre 1996) dalla pubblicazione del disco, il Re del rap trovò tragicamente la morte a Las Vegas a soli venticinque anni, sei giorni dopo esser stato colpito da quattro proiettili per mani ancora oggi sconosciute.
Fu osannato sia dalla critica che dal pubblico, e per la sua produzione musicale e per le convincenti prove recitative.
Difatti l’album d’esordio 2Pacalypse (1991) così come il debutto da attore protagonista in Juice (1992), segnarono il suo ingresso nell’Olimpo delle star.
La precoce e violenta scomparsa del multitalentuoso artista coincise con la nascita del suo mito eterno.
La lotta interiore ed esteriore tra bene e male che ne caratterizzò la vita, vide una perfetta sintesi nell’espressività carismatica presente sia nell’eccellente opus musicale che in quello cinematografico. Anzi, verosimilmente fu proprio il connubio tra i due aspetti fortemente antitetici e distintivi della sua complessa personalità a imprimere un’aura così sacrale alla leggenda, rendendola ancor più vivida e reale grazie al trait d’union dei due sentieri artistici (filmico e musicale) che percorse, e che lo hanno collocato per sempre nella sideralità dell’immaginario collettivo.
Le migliori performance sullo schermo di Tupac restano a tutt’oggi quelle espresse in Juice e in Gridlock’d (1997). In entrambe le pellicole (così come in Poetic Justice del 1993) la musica fa molto più che da semplice sfondo alle sue avventure, dato che la stessa rappresenta l’unica via di salvezza in un presente incerto e dalle tinte fosche. In Juice (regia di Ernest R. Dickinson) lo spettatore è proiettato nella realtà sociale di Harlem, per le strade e nei modesti appartamenti dei giovani protagonisti della storia. Una vena spensierata e a tratti divertente, e una fotografia brillante caratterizzano la prima parte del film. In seguito la trama prende tonalità più grevi e drammatiche, soprattutto quando il protagonista Bishop (Tupac) inizia a dar mostra della sua follia in un’escalation di violenza che colpisce dapprima degli estranei e infine la sua stessa cerchia di amici.
In Gridlock’d (regia di Vondie Curtis-Hall) invece Tupac interpreta Spoon, un musicista jazz tossicodipendente che decide di cambiare vita dopo che la sua amica Cookie (Thandie Newton) ha avuto un’overdose. Nonostante il protagonista cerchi di disintossicarsi e di scacciar via le vecchie abitudini con l’amico Stretch (Tim Roth), i suoi sforzi sono ostacolati dalla farraginosa lentezza della macchina burocratica della sanità pubblica americana e dalla caccia spietata che la polizia e gli spacciatori gli danno.